Cappuccio, arco, frecce e mille avventure nella Foresta di Sherwood: il ladro che ruba ai ricchi per dare ai poveri non è solo una leggenda
Robin Hood è una figura ormai leggendaria, che ha catturato l’immaginazione di tutto il mondo. Un eroe popolare, famoso per essere un fuorilegge dal cuore d’oro, che “ruba ai ricchi per dare ai poveri”, insieme ai suoi “allegri compari” – i simpatici merrie men – nascosta nella foresta di Sherwood. La sua storia è stata tramandata attraverso ballate, racconti e opere letterarie, diventando un simbolo di giustizia sociale e ribellione contro le ingiustizie, poi ripresentato anche sul grande schermo.
C’è chi lo identifica con la chioma di Kevin Costner, chi invece con lo sguardo accigliato di Russell Crowe e chi ancora non può fare a meno di immaginarlo in calzamaglia verde e con la folta chioma da volpe nella versione animata – e animalesca – prodotta dalla Disney. Insomma, Robin Hood rientra in un modo o nell’altro nella cultura popolare: ma si tratta solo di un personaggio di finzione? Oppure il ladro gentiluomo è esistito davvero? Pare che il suo nome sia presente nella tradizione inglese sin dagli inizi del XIV secolo, sebbene la figura dell’eroe cui siamo abituati sia evoluta nel corso del tempo. Infatti, ogni sviluppo della leggenda di Robin Hood ha corrisposto l’introduzione di nuovi personaggi, ambientazioni e tratti distintivi, contribuendo a plasmare la versione familiare di oggi. Insomma, si tratta di una storia – o di una leggenda che dir si voglia – iconica che ha arricchito il proprio folklore secolo dopo secolo, rendendo Robin Hood un personaggio ancora più affascinante e radicato nell’immaginario collettivo.
Le prime testimonianze su Robin Hood
Passiamo dunque in rassegna le testimonianze storiche emerse in merito all’esistenza dell’arciere dal cuore d’oro. Lo storico e archivista Joseph Hunter, nel corso delle sue ricerche, scoprì che il nome Robin Hood era associato a diverse figure nella storia medievale inglese. Una delle prime menzioni al nome risale al 1226, in uno scritto del tribunale dello Yorkshire, dove si fa riferimento a un fuggitivo chiamato appunto “Robin Hood”. Allo stesso modo, in un documento del 1354, redatto nel Northamptonshire, viene citato un uomo con lo stesso nome in qualità di detenuto in attesa di processo.
In generale, considerando simili attestazioni, gli studi condotti dagli storici del XIX secolo portarono alla conclusione che non esistesse una reale figura storica univoca che potesse aver ispirato le storie popolari di Robin Hood, ma che si trattasse di una sorta di alias utilizzato da vari fuorilegge in diversi periodi e luoghi in tutta l’Inghilterra.
Il primo riferimento conosciuto in versi inglesi a Robin Hood si trova in The Vision of Piers Plowman, un’opera scritta da William Langland nella seconda metà del XIV secolo. All’interno dell’opera è particolarmente rilevante il passaggio in cui un parroco scarsamente istruito esprime il suo pentimento e confessa di non conoscere il latino: “I kan noght parfitly my Paternoster as the preest it syngeth, But Ikan rymes of Robyn Hood…”. Il verso, traducibile in “Anche se non posso recitare la preghiera del Signore, conosco le rime di Robin Hood”, specialmente se accostato a un prelato, dimostra quanto il personaggio fosse ormai radicato nella cultura del tempo, quasi fosse già una sorta di emblema della tradizione popolare.
Robin Hood, eroe dei poveri
Nel XV secolo, la leggenda di Robin Hood iniziò a declinarsi in un simbolo di ribellione alla classe dominante. Una delle ballate più antiche conosciute che raccontano le gesta del famoso fuorilegge della foresta, Robin Hood e il monaco, rappresenta un punto di svolta nella narrazione popolare sull’eroe, dal momento che è la prima storia ambientata nella foresta di Sherwood, nelle vicinanze di Nottingham, e introduce uno dei membri più celebri dei merrie men, Little John. Inoltre, in questa versione, Robin Hood si trova a fronteggiare la corruzione dei potenti, personificati in un monaco corrotto, contro il quale si batte per difendere la classe più povera.
Nel XV secolo, le ballate su Robin Hood cominciarono a diffondersi in tutta l’Inghilterra, come documenta la ballata A Gest of Robyn Hode, che contiene una delle prime formulazioni tipiche dell’ideale del ladro che ruba ai ricchi per dare ai poveri, espressa nelle parole: “Se è un uomo poro, del mio bene ne avrà un po’”. In questi racconti, Robin Hood era rappresentato come appartenente alle classi inferiori e veniva spesso definito uno yeoman, un termine inglese medievale che indicava uno status superiore a quello di un contadino, ma inferiore a quello di un vero cavaliere. In A Gest of Robyn Hode , il personaggio è ritratto come uno yeoman del Re, che nonostante la sua posizione privilegiata, decide di abbandonare la corte per rifugiarsi nella foresta, dove l’arciere incappucciato assume il ruolo di protettore dei deboli contro l’oppressione dei potenti.
Nel XVI secolo, l’immagine di Robin Hood subì una notevole trasformazione, dal momento che la figura pericolosa venne gradualmente soppiantata da una versione più vivace in occasioni delle celebrazioni per la festa del Primo Maggio. Durante queste festività, i partecipanti indossavano costumi che raffiguravano Robin Hood e i suoi uomini, partecipando a giochi e celebrazioni in loro onore. In questo contesto festoso, nuovi personaggi fecero la loro comparsa nelle storie di Robin Hood, tra cui Frate Tuck, che appare per la prima volta in una commedia chiamata Robyn Hod e lo sceriffo di Notyngham, datata alla fine del XV secolo. Questo periodo segnò un’evoluzione significativa nella rappresentazione e nell’interpretazione della leggenda di Robin Hood, ampliando la sua portata e il suo impatto nella cultura inglese.
La nascita del ladro gentiluomo
Nell’era elisabettiana, Robin Hood divenne un’icona popolare nelle rappresentazioni teatrali, al punto che diversi drammaturghi, tra cui il celebre William Shakespeare, inserirono il personaggio nelle loro opere. Uno dei più significativi fu Anthony Munday, autore di due drammi incentrati proprio sulla figura di Robin Hood. Nelle sue rappresentazioni, Munday reinterpretò il leggendario fuorilegge nelle vesti di un aristocratico di nome Robert, conte di Huntington, che, diseredato dallo zio, fuggì nella foresta, dove, nei panni dell’eroe incappucciato, conobbe Lady Marian, dando vita a una storia d’amore che rimane nella storia.
Tutti gli adattamenti teatrali del periodo si basavano sulle radici medievali del personaggio, ma gli autori del tempo continuarono a reinventare la figura del fuorilegge per adattarla al meglio, conferendogli maggiore spessore e connotazioni particolari. Un esempio notevole della caratterizzazione dell’eroe fuorilegge è presente in Ivanhoe, opera scritta da Walter Scott nel 1820, in cui appare un personaggio, Locksley, che rivela di essere Robin Hood, presentandosi come “Re dei Fuorilegge e Principe dei bravi ragazzi”.
Poco dopo, l’immaginario dell’arciere che ruba ai ricchi per dare ai poveri venne ancora di più ampliato e declinato anche a un pubblico più piccolo. Infatti, nel 1883 Howard Pyle rielaborò la leggenda del ladro incappucciato in un libro per bambini intitolato Le allegre avventure di Robin Hood nel Nottinghamshire, che ottenne grande successo negli Stati Uniti. Su questa scia, nel 1917, l’autore Paul Creswick collaborò con l’illustratore NC Wyeth per creare una delle interpretazioni visivamente più sorprendenti della storia di Robin Hood, aggiungendo ulteriori sfumature all’epica medievale inglese.
Nemmeno a dirlo, con l’avvento del XX secolo, la figura di Robin Hood fece il suo ingresso sul grande schermo. In una lunga serie di riletture e reinterpretazioni della leggenda, l’arciere incappucciato venne interpretato da attori del calibro di Douglas Fairbanks, Errol Flynn, Sean Connery, Kevin Costner, Russell Crowe e Taron Egerton. Senza dimenticare la simpatica volpe del lungometraggio Disney!In ogni nuova versione, elementi delle ballate e delle poesie originali si conservano, arricchendo costantemente la leggenda del Principe dei Ladri con nuovi dettagli e sfumature.