Il deputato di Fratelli d’Italia Salvatore Caiata propone un codice di abbigliamento «per mantenere il decoro dell’Istituzione». Esaminiamo il progetto, anche in relazione al concetto di power dressing
Il peso di ciò che decidiamo di indossare e il fatto incontrovertibile per cui la moda possa forgiare la storia è un tema per nulla scontato e ancora poco indagato. Ma oggi non si parla di moda, bensì di dress code, e non si parla di libera scelta, ma di legge.
Siamo a Montecitorio, sede della Camera dei deputati, ed è appena stato presentato un codice di abbigliamento «per mantenere il decoro dell’Istituzione» che con ogni probabilità verrà presto ufficializzato.
Il nuovo codice di “decoro” per la Camera è stato scritto da Salvatore Caiata, ex deputato del M5s poi passato a Fratelli d’Italia, che in un ordine del giorno al bilancio interno di Montecitorio ha chiesto all’Ufficio di presidenza e al collegio dei questori l’adozione di un dress-code per chiunque si ritrovi a dover entrare nel palazzo, dai frequentatori più assidui a quelli occasionali.
Il documento ha già ottenuto il parere favorevole della maggioranza, e segnala «l’opportunità di introdurre specifiche disposizioni volte a prevedere che l’abbigliamento dei deputati, dei dipendenti e di tutti gli altri frequentatori delle sedi della Camera sia consono alle esigenze di rispetto della dignità e del decoro dell’Istituzione».
Nell’ordine del giorno si legge una richiesta di «decoro formale, tramite il divieto indistinto per chiunque – parlamentare, collaboratore, dipendente o visitatore – dell’utilizzo di scarpe da ginnastica ogni qualvolta acceda nelle sedi della Camera», e «l’obbligo per i deputati, collaboratori, dipendenti e visitatore di sesso maschile di indossare sempre la cravatta».
Per Caiata, la nuova proposta è un’importante occasione per «formalizzare un regolamento che dica, come succede in tutte le sedi istituzionali del mondo, quali siano i requisiti di decoro nell’abbigliamento di tutti quelli – parlamentari, giornalisti e visitatori – che a qualsiasi titolo le frequenta. Questo anche a tutela di quei visitatori che tante volte si trovano in imbarazzo perché non sanno come devono vestirsi».
Inoltre, il deputato propone per chi viola il regolamento – che per ora appare molto rigido solamente circa l’evitare le sneakers e sul mai evitare la cravatta, per quanto riguarda gli uomini – di ricorrere ad «una o più sanzioni».
Nella proposta, il deputato di Fratelli d’Italia ricorda che: «l’Istituzione è essa stessa il risultato di una tradizione secolare, portatrice di una sacralità che trova fondamento nel primo statuto Albertino, poi nella nostra Costituzione», insistendo poi sul fatto che alla base di ogni istituzione democratica ci sia il principio per cui «forma e sostanza sono strettamente collegate, e, laddove una di esse viene meno, perisce la sua credibilità e fondamento».
In realtà, a Montecitorio un dress code esistebbe già: gli uomini sono sempre tenuti a indossare la giacca «senza eccezione alcuna», e al Senato è necessaria la cravatta. Nel caso però in cui la votazione del prossimo 2 agosto porterà al risultato già in parte annunciato, l’obbligo della cravatta sarà esteso anche alla Camera.
Per quanto riguarda le donne, invece, nel documento è lasciata la completa libertà di scelta, a patto ovviamente che queste non optino per delle comode scarpe da ginnastica, ormai ufficialmente considerate “contro il decoro istituzionale”.
Quando si parla di abbigliamento e istituzioni può facilmente venire alla mente il concetto di power dressing, il quale, tradotto, significa “il potere dell’abbigliamento”. Nato tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, si tratta di un insieme di tecniche volte alla valorizzazione estetica dell’immagine, atte a legare “a prima vista” l’apparenza di una persona all’insieme di principi che questa si trova a voler – e in certi casi, a dover – rappresentare.
Nella storia della moda e delle usanze recenti, il power dressing si è sviluppato principalmente nel mondo femminile, a causa delle evidenti disparità di genere e di potere appunto, e quindi di un’urgenza di affermazione spesso maggiore.
Se guardiamo al mondo professionale, uno dei campi in cui l’usanza prende più significato, il power dressing è passato negli ultimi decenni dello scorso secolo dall’optare per un tailleur con tacco, a scegliere liberamente quello col pantalone, nato per gli uomini, fino all’abbinamento di un completo elegante con una comoda sneakers, senza per questo sembrare di meno “una donna in carriera”.
Le tendenze del power dressing cambiano nel tempo esattamente come fa la moda, ma soprattutto variano in base all’idea di “potere” che si vuole rappresentare e rafforzare. Nel caso delle ultime disposizioni proposte alla Camera, è evidente la scelta per cui il potere debba essere trasmesso sotto forma di “decoro”, una delle parole più presenti nel documento redatto da Caiata, per un nuovo dress code istituzionale a Montecitorio.
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