A quali serie si riferisce Giorgia Meloni nella sua critica alla narrazione delle droghe in piattaforme come Netflix, e quali sono i veri messaggi dietro a quelle trame
Nella Giornata mondiale contro le droghe del 26 giugno ha fatto discutere l’intervento di Giorgia Meloni durante il convegno tenutosi alla Camera sullo stesso argomento. La Presidente del Consiglio ha promesso “un cambio di paradigma” nel contrasto alle dipendenze, anche e soprattutto sul piano della comunicazione, allo scopo di forgiare un’opinione pubblica sempre più intollerante al fenomeno. La stessa opinione pubblica che oggi, secondo la premier, non c’è, in quanto sembra dilagare un sentimento di indifferenza verso la tematica o, ancor peggio, sempre secondo Meloni, una sorta di sentimentalismo deleterio.
In questo quadro, la Presidente attacca anche Netflix, colpevole a detta sua di propagare messaggi pericolosi. Lo fa indirettamente usando queste parole: “Tutta la narrazione va in una stessa direzione: serie televisive, documentari, film. Il messaggio è che la droga è anticonformista, va bene, non fa male. Ci sono serie che raccontano le gesta di uno spacciatore come fosse un eroe“, in onda “sulla stessa piattaforma dove facevano e trasmettevano i documentari contro Muccioli“.
Una volta fatto il nome del fondatore del celebre centro di recupero da dipendenze di San Patrignano, non è stato difficile capire a quale piattaforma di streaming lei si stesse riferendo, reputando “un paradosso” la densità di storie in cui la droga è protagonista, vicino ad un prodotto che contrasta l’opera di chi “ha salvato migliaia di ragazzi quando lo Stato si era voltato dall’altra parte“, ovvero quella di Muccioli.
Che la droga sia uno dei soggetti cinematografici più trattati tra film e serie degli ultimi vent’anni è un dato inopinabile. Rimane però ancora da capire se le intenzioni dietro a questi tipi di pellicole da grande e piccolo schermo siano quelle denunciate dalla premier, cioè quelle di un anticonformismo eroico, o se la critica agli usi e consumi sfrenati della società che ne può emergere sia ben più complessa e costruttiva per gli spettatori, nel suo narrare storie di distruzione e auto-distruzione.
Da ‘Breaking Bad’ a ‘Narcos’, dal pluripremiato ‘Gomorra’ alla ‘Regina del Sud’, da ‘El Chapo’ a ‘Limitless’. La droga è spesso una vera e propria attrice di tanti prodotti audiovisivi, protagonista soprattutto dell’universo seriale. I generi in cui la si può trovare possono essere thriller, commedie, polizieschi, noir, racconti intimi e psicologici. Ciò che però accomuna questi vari tipi di narrazioni diverse è il taglio sempre altamente realistico. Non parliamo mai di prodotti fantascientifici.
Restando all’interno della piattaforma attaccata dalla premier durante il convegno, nonché ancora oggi la reginetta dello streaming, non si può non menzionare la serie più vista di Netflix: Breaking Bad, che con le 5 stagioni rimane campionessa di incassi dall’anno della sua uscita, il 2008. Il protagonista è un professore di chimica, Walter White, interpretato da Bryan Cranston, che dopo aver scoperto di avere un tumore, decide di cominciare a produrre anfetamina per garantire il futuro alla propria famiglia.
Un altro esempio, che questa volta è ambientato in un panorama drammatico tutto italiano è quello di Gomorra, vincitore di numerosi Premi (European Film Awards, David di Donatello, Festival di Cannes, Globo d’Oro e Nastro d’Argento), con Matteo Garrone alla regia, dall’omonimo romanzo di Roberto Saviano. La storia si svolge tra Napoli e Scampia e ha come protagonista il clan dei Savastano, una spietata cosca camorrista, i cui componenti sono interpretati da attori ormai leggendari come come Salvatore Esposito, Marco D’Amore e Fortunato Cerlino.
Spostandosi ancora negli Stati Uniti, Netflix propone anche Limitless (2005- 2006) che racconta di un uomo qualunque Bryan Finch (Jake McDorman) che dopo aver ‘conosciuto’ una droga (Nzt) scopre di avere capacità intellettive sovrumane e doti eccezionali. Infine, è lunga la lista di titoli di prodotti ambientati nell’America Latina, che ritraggono i paradigmi e i drammi all’interno dei cartelli narcotrafficanti locali. Qui spiccano sicuramente Narcos per quanto riguarda il cartello colombiano, e El Chapo e la Regina del Sud per quanto riguarda lo scenario messicano.
Ognuna delle storie sopra elencate non manca di proporre agli spettatori l’immedesimazione nei protagonisti, i quali, se non facilitano il commercio illegale di sostanze, ne sono o divengono comunque estremamente dipendenti. Il taglio psicologico è una costante quando si tratta di narrare di sostanze che alterano il funzionamento della mente, ma questo, a differenza di quello che sostiene Meloni, non è mai un racconto che ritrae eroi che agiscono a cuor leggero.
Le ossessioni, gli errori, le conseguenze drammatiche delle azioni “sbagliate” o illegali dei protagonisti e protagoniste, che spesso si ritrovano a entrare in meccanismi molto più grandi di loro, sono spesso il motore delle trame.
Infine, al pari del ruolo principale della droga, il protagonista di ognuna di queste serie sembra essere proprio il pericolo, lo stesso su cui si concentra a fondo la premier nel suo discorso contro le dipendenze. Nelle serie di questo tipo, prodotte da Netflix o da altre case cinematografiche, non si parla mai di droga senza parlare di morte e sangue sparso, di denaro come merce di scambio talvolta ancora più pericolosa delle stesse sostanze, di corruzione, politica e organizzazioni criminali.
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