Il detto “gli opposti si attraggono” potrebbe non essere vero, e questa volta ce lo dice la Scienza
La persona che scegliamo come partner deve avere delle caratteristiche che sentiamo vicine al nostro modo di vivere. Solo così, pensiamo di poter costruire una relazione su basi solide.
Ma se in realtà cercassimo nell’altro/a anche una somiglianza fisica? In questo articolo, attraverso l’analisi di diversi studi e approcci, scopriremo in che modo la Scienza supporti il detto “chi si piglia si assomiglia”.
Fatti della stessa pasta faccia
Noam Shpancer, professore dell’Università di Otterbein, sostiene che alla base dell’attrazione tra due persone, ci siano delle leggi fondamentali a regolare proprio l’intensità e la buona riuscita di questa spinta attrattiva. Una di queste consiste proprio nella legge della somiglianza.
La legge della somiglianza prevede che ognuno di noi ricerchi un partner che, in qualche modo, ci somigli: che abbia i nostri stessi valori, le nostre stesse passioni e il nostro stesso modo di intendere la vita, un po’ come se ci stessimo guardando ad uno specchio emotivo e di personalità. Ma se in realtà la somiglianza andasse oltre alla sfera interiore? Se cercassimo anche una somiglianza fisica?
A questo proposito, nel 1987 è stato pubblicato uno studio che può fare riflettere.
Questo studio, condotto su coppie sposate da 25 anni, ha messo in luce come dopo una convivenza prolungata, i partner tendessero a sviluppare somiglianze facciali.
Queste somiglianze facciali, secondo gli studiosi, sarebbero progressive e dovute proprio all’esposizione prolungata al volto del partner, tanto da cominciare ad imitarne inconsciamente le espressioni e farsi “contagiare” dal suo viso fino ad assomigliargli.
Ma se questo fenomeno non fosse dovuto all’esposizione prolungata e alla convivenza? Se la somiglianza fosse un criterio a priori nella scelta del partner?
Come guardarsi allo specchio
Una recente ricerca pubblicata su Scientific Report e condotta da due ricercatori dell’Università di Stanford, ha smentito l’esperimento del 1987 aprendo nuovi possibili scenari.
I due ricercatori sono partiti dal presupposto che i partner possono essere simili fin dall’inizio della loro relazione a causa della omofilia, ovvero la tendenza a preferire chi è più simile a noi, confutando la teoria che prevedeva che i volti diventassero simili solo con il passare del tempo.
Per provare la loro teoria, i ricercatori hanno rifatto l’esperimento del 1987, ben 35 anni dopo, con un campione più ampio di coniugi: hanno esaminato immagini di più di 517 partner, confrontandoli in due momenti temporali distinti: quando si erano appena sposati e dopo un arco temporale più ampio (dai 20 ai 69 anni di convivenza). Per raggiungere un risultato attendibile hanno utilizzato un algoritmo di riconoscimento facciale.
Lo studio ha dimostrato che i volti dei coniugi risultano simili fin dall’inizio senza convergere nel tempo.
Questo dimostra che quando conosciamo qualcuno ci sentiamo attratti dai suoi valori, dai suoi comportamenti e dalla sua personalità, ma non solo: ricerchiamo in lui/lei anche i nostri stessi tratti.
Dalle fotografie alle persone reali
Cosa succede se invece di analizzare delle foto, ci spostiamo in uno scenario di vita reale?
All’interno del Dipartimento di Psicologia di Queensland, in Australia, e di Sterling, nel regno Unito, alcuni ricercatori hanno provato a rispondere a questa domanda.
Gli scienziati hanno allestito un vero e proprio speed dating sperimentale, in modo tale che i partecipanti avessero modo di osservarsi dal vivo, parlare e interagire proprio come un classico appuntamento vis a vis.
Infatti, dal vivo si possono ottenere informazioni in più rispetto che da una fotografia statica: si ha la possibilità di cogliere molte più espressioni e caratteristiche del volto mentre la persona parla e ci rivolge la sua attenzione.
Allo speed dating hanno preso parte 600 partecipanti eterosessuali e di etnie diverse, realizzando la bellezza di 2000 interazioni. Dopo ogni interazione, i partecipanti dovevano valutare l’altro/a secondo tre criteri:
- attrattività del volto
- piacevolezza
- intesa
I risultati hanno dimostrato che le persone trovano più piacevole e attraente chi possiede un volto più simile al proprio.
Lo stesso Amay Zhao, capo dello studio, commenta in questo modo i risultati dell’esperimento:
“I nostri risultati suggeriscono che i volti che sembrano simili suscitano un senso di parentela, facendo sentire le persone a proprio agio grazie ad un senso di familiarità e appartenenza ”
La risposta è dentro il nostro DNA
Riguardo alla ricerca della familiarità relativa al volto del partner, esistono teorie legate alla genetica. Infatti, secondo alcuni studiosi, questa necessità di specchiarci nell’altro sarebbe dovuta proprio al nostro DNA.
Neil Rish, professore dell’Università della California, attraverso uno studio a ritroso degli alberi genealogici di diverse coppie, ha scoperto che molte delle coppie sotto esame condividevano gli stessi antenati e che, anche in passato, le loro generazioni precedenti, avevano scelto dei partner della stessa discendenza.
Secondo Neil questo dimostra l’esistenza di un impulso genetico che ci spinge a ricercare somiglianza e familiarità in un possibile partner.
Bias della somiglianza: come il nostro cervello ci influenza
L’essere umano è soggetto a bias, ovvero distorsioni cognitive che condizionano il nostro comportamento in modo inconscio, guidando il nostro pensiero e le nostre azioni senza che noi ne siamo consapevoli.
Quanto abbiamo visto fino ad ora rientra nel bias della somiglianza e si applica non solo in questioni di coppia, ma nell’intero universo delle relazioni umane. Che si tratti di amicizia o di amore tendiamo sempre a ricercare ciò che ci assomiglia per attitudini e, a quanto pare, anche per aspetto.
In conclusione, l’essere umano è complesso e ancora oggi molti aspetti dei suoi comportamenti rimangono senza spiegazioni. Ma questa volta la Scienza sembra aver dato un contributo significativo nel confutare il senso comune: tra i due detti “gli opposti si attraggono” e “ chi si piglia si assomiglia” sembra proprio dare ragione al secondo.
Che si tratti di un bisogno legato al nostro DNA o di un bias cognitivo, la somiglianza risulta un elemento rilevante affinchè possa nascere attrazione tra due persone.