Dalla Francia degli anni ’80 a oggi: centinaia di ragazzi si sfidano a scalare e volteggiare sugli edifici, opponendosi alla gravità
Prima i due teppisti ancora senza identità che hanno vandalizzato la facciata della Galleria Vittorio Emanuele a Milano, arrampicandosi fino al frontone. Poi, i due ragazzi francesi che all’alba di questa mattina hanno deciso di scalare la guglia del Duomo del capoluogo meneghino, quasi fino a raggiungere la dorata Madunina. Seppure spinti da ragioni diverse – vandalismo i primi, spirito da intrepidi i secondi, in entrambi i casi a farla da padrone è la voglia di sfidare la gravità e l’altezza. In altri termini: il parkour.
Termine declinato dal francese parcours, che significa “percorso”, il parkour comprende l’arte di saltare, volteggiare, rotolare e atterrare magicamente al suolo, superando qualsiasi cosa si incontri sul proprio cammino. Diventato di massa grazie ai video diffusi on-line, questo sport estremo si è diffuso ovunque tra gli amanti del brivido. Tanto che ora si pensa di inserirlo tra le discipline olimpioniche.
Dove ha origine il parkour
La disciplina, nota anche come art du deplacement o freerunning, nasce in Francia negli anni ’80, grazie all’attività del gruppo noto come Yamakasi, composto da: David Belle, Yann Hnautra, Chau Belle, Laurent Piemontesi, Sebastien Foucan, Guylain N’Guba Boyeke, Charles Perriere, Malik Diouf e Williams Bell. Tutti loro, con un solo obiettivo: diventare degli Spider-men urbani.
A capo del gruppo di atleti: David Belle, ormai famosissimo protagonista di video YouTube in cui si lancia in esibizioni da mozzare il fiato, saltando varchi tra tetti cittadini che sembra impossibile attraversare indenni. È stato proprio Belle a definire le dinamiche del parkour, mostrando ai suoi followers come non fosse impossibile lanciarsi da un edificio all’altro, semplicemente affidandosi alla forza delle proprie mani. Leader dei traceur – così si chiamano quelli che praticano il parkour – l’atleta francese insieme al suo gruppo ha descritto le manovre fondamentali della disciplina, come il salto del gatto, il salto di precisione, il rotolamento e la corsa su muro.
L’esempio di Belle ha attraversato l’oceano, approdando anche in America, precisamente a Washington DC, dove Mark Toorock, proprietario del sito web American Parkour, ha fondato un gruppo di traceurs statunitensi che emulano il modello del parkour francese. Ovviamente, apprendere una simile disciplina richiede tempo e molta preparazione. Una delle nozioni principali è infatti il gradualismo: nessuno nasce con la capacità di scalare un grattacielo. Per ogni traceur, il fattore altezza deve aumentare di pari passo con l’esperienza. Altrimenti, la caduta sarà brutta.
I fondamenti dello sport estremo
Altro aspetto fondamentale del parkour: si tratta di una disciplina mentale. Il traceur deve imparare a dominare la paura per riuscire a compiere le sue acrobazie alate. Determinazione e annullamento dell’ansia: il pacchetto base per ogni atleta di parkour.
Nonostante gli scetticismi dei puritani dello sport, il parkour contribuisce a incoraggiare il miglioramento personale a tutti i livelli, sia fisici sia mentali, al fine di superarli. È un metodo per allenare il corpo e la mente a essere il più possibile funzionali, efficaci e liberi ovunque decidano di mettersi alla prova. Non solo in palestra.
Come qualsiasi altro sport degno del suo nome, il parkour è infatti una disciplina, che si concentra sullo sviluppo degli attributi fondamentali richiesti – in questo caso – per saltare, arrampicarsi o muoversi a quattro zampe, in un insieme di forza funzionale e forma fisica, equilibrio, consapevolezza spaziale, agilità, coordinazione, precisione, controllo e visione creativa. Insomma, non chiamateli sconsiderati o pazzi acrobati di strada: i traceurs sono atleti.