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Spettacolo

Da Life is Hell a Disincanto: tutte le opere di Matt Groening, il papà dei Simpson

Un piccolo viaggio dentro la mente e le creazioni del fumettista: dal debutto a Los Angeles negli anni ‘80 fino ai suoi successi planetari

Chi non ha mai canticchiato la sigla dei Simpsons? O non si è chiesto almeno una volta quale nuovo stratagemma si inventeranno per l’ennesima sigla dell’ennesima puntata sulla famigliola americana? Come ci arriveranno questa volta al divano? Ci arriveranno tutti, o tutti interi?

Se è vero che la celeberrima serie non ha un “vero e proprio padre-famiglia” – oppure è così realistico da rispecchiare lo stereotipo alla perfezione – è vero che Marge, Homer, Lisa, Bart e Maggie, ma anche Boe (in inglese Moe) e la famiglia Flanders hanno tutti lo stesso padre, la stessa cifra stilistica e lo stesso tono “disincantato”: quelli di Matt Groening.

In questo articolo partiremo dal successo planetario delle (dis)avventure della famiglia di Springfield, per poi tornare indietro, ai primi semi del successo del fumettista di Portland con Life in Hell, fino ad arrivare all’ultima trovata, intitolata “Disincanto”, passando per Futurama.

Il successo inquantificabile dei Simpson

Tanto per dare una dimensione dell’apprezzamento che il cartone animato si è saputo guadagnare a tutti i livelli nel mondo intero, basta ricordare che la serie ha vinto 34 Emmy Awards e ha guadagnato il primato di cartone animato di “prime time” – quindi inserito nella fascia quotidiana più guardata – con la più lunga permanenza sul piccolo schermo.

La serie viene commissionata ad un Matt Groening trentatreenne nel 1987, e in questi 36 anni ne sono uscite 739 puntate, arrivando alla 34esima stagione, ancora in corso, di cui sono già stati prodotti altri undici episodi inediti.

The Simpsons è considerato ancora oggi come il “cartone animato per antonomasia”, per lo meno nel mondo e nella cultura occidentali, ma conosciuto in tutto il mondo. Nel 1999 la rivista statunitense TIME lo definisce come “la miglior serie televisiva del secolo” e, nella stessa rivista, Bart Simpson venne inserito nella lista dei 100 personaggi più influenti del secolo scorso.

Il papà dei Simpson

I Simpsons, i cui nomi sono presi dalla famiglia dello stesso Matt Groening (eccetto Bart), sono un gruppo di personalità patologiche che forniscono in controluce un’immagine ironica, ma in definitiva preoccupante non solo della famiglia americana, ma anche dei suoi valori.

Le “icone” dell’ignorante e ignavo Homer, del pestifero Bart e degli altri componenti, tratteggiano con precisione gli stili di vita e le aspirazioni che contraddistinguono i personaggi ben più concreti della vita reale americana e, ormai, globalizzata.

Foto Youtube | @7GProductions – Spraynews.it

La storia ambientata a Springfield nasce nella mente del fumettista nel giro di poche ore nel 1986, quando gli viene proposta una grande occasione: un regista gli chiede di realizzare una serie animata per il popolare show televisivo di Tracey Ullman. È il debutto ufficiale della famiglia Simpson.

L’impatto fu notevole, sia per le caratteristiche grafiche fortemente peculiari dei personaggi – i colori accesi, le fisionomie distorte, la pelle giallastra -, sia per la satira pungente che già caratterizzava la sceneggiatura, e che oggi continua a contraddistinguere il cartone, che avendo la critica e lo sbeffeggiamento sociale come tema principale, risulta sempre attuale, proprio in quanto sempre aggiornato.

Gli esordi: Life in Hell

Ma se c’è qualcosa che spinse quel regista quasi quarant’anni fa a proporre quello spazio televisivo prestigioso a Groening per le sue riflessioni e i suoi disegni, questo fu Life in Hell: una produzione di strisce altamente ciniche basate su esperienze autobiografiche del primo periodo di vita a Los Angeles, dove l’autore si era trasferito all’inizio degli anni Ottanta. Inizialmente autoprodotto, Life in Hell diventò presto un successo, almeno a livello americano: arrivò ad essere pubblicato su più di 250 quotidiani negli Stati Uniti e in Canada.

L’umorismo di Groening, in queste vignette, si muove tra autoanalisi, consumo di cultura pop, arte moderna, pubblicità, televisione. Le sue strisce sono allo stesso tempo un prodotto di quegli anni (si protrasse fino ai Novanta), sia opere senza tempo. La sua voce è amara, sconfortante, triste (il sonnellino obbligatorio come paura più grande dell’infanzia) e cinicaLa differenza tra “un trauma” e “niente di che”: un trama è quando succede a me. “Niente di che” è quando succede a te»).

Un occhio, ma soprattutto un orecchio esperto nota subito che c’è molto della prima opera di Groening ne I Simpson e in Futurama, soprattutto per quanto riguarda i temi e la scrittura delle prime stagioni dei due show: hanno lo stesso sguardo disincantato, cinico, ilare ma profondamente amaro.

Nel 2000 arriva Futurama

Matt Groening non è considerato una spada del disegno, ma non per questo non si può non ritenere un grande designer o, usando un termine più poliedrico, un abilissimo progettista, in grado di credere nei suoi progetti e di realizzarli sempre insieme ad ottimi collaboratori, soprattutto quelli che capaci di colmare le sue lacune.

Io sapevo che la mia roba non sembrava “di tendenza”, ma non ho mollato, non importava quanto apparisse immaturo il segno. I miei più talentuosi amici crebbero, diventando maturi e mettendo da parte il fumettismo per più serie attività. Ora loro sono dei vecchi e noiosi dottori, avvocati e manager. Io dall’altra parte sono riuscito a colpire il jackpot fumettistico“.

Grazie al successo dei Simpsons, nella seconda metà degli anni 90, il fumettista di Portland mette in cantiere un’altra serie animata che nasce da una sua antica passione e, nel 2000, nasce “Futurama”, gustosa e graffiante satira di motivi e cliché propri della narrativa fantascientifica classica.

L’ultima geniale trovata: Disincanto

Diversi anni dopo Futurama, anch’esso diventato un appuntamento quotidiano coi cartoni in occidente, ma mai sopraffacendo il successo della famiglia di Springfield, Matt Groening torna a sedersi al tavolo della creatività, lavorando ad una serie il cui titolo dice letteralmente tutto: “Disincanto”.

Dice tutto del suo stile, del suo genio da un lato ribelle e dall’altro conformista, attingendo dagli scenari più fiabeschi della storia della letteratura soltanto allo scopo di sfatarli nel modo più cinico e attuale possibile.

La sua nuova creazione viene trasmessa su Netflix nell’agosto del 2018, collezionando un notevole numero di fan e seguaci, tutti innamorati e disincantati dal contesto della serie: il fatiscente regno medievale di Dreamland. Per capire il tono della storia, senza spoilerare troppo, basta accennare ai tre protagonisti di Disincanto: la principessa ubriacona Bean, il suo demone personale Luci e un esuberante e sbadatissimo Elfo.

Foto Youtube | @NetflixItalia – Spraynews.it
Matilde Brizzi

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