La denuncia di Oxfam: “Agli Stati più poveri e a un passo dalla carestia come Somalia e Sud Sudan è andato appena il 3%. Semplicemente vergognoso, la disuguaglianza di accesso al cibo continua a crescere sempre di più invece che diminuire”
Dopo il niet russo al rinnovo dell’accordo sull’export del grano dai porti ucraini, la comunità internazionale, incluse le Nazioni unite e l’Unione europea, ha espresso a ragione la propria riprovazione e lanciato l’allarme sul rischio fame per milioni di persone nei Paesi del Sud del mondo. A ben vedere, però, dell’accordo tra Russia e Ucraina hanno beneficiato in gran parte le economie avanzate. A fare i conti è stata Oxfam: “I Paesi ricchi si sono accaparrati l’80% del grano e dei cereali usciti dall’Ucraina, mentre agli Stati più poveri e a un passo dalla carestia come Somalia e Sud Sudan è andato appena il 3%“, è la denuncia dell’organizzazione umanitaria.
L’intesa, secondo l’Ong, si è rivelato del tutto “inadeguato” a fronteggiare l’aumento della fame globale, esacerbato dalla crescita esponenziale dei prezzi di cibo e energia. “L’accordo ha certamente contribuito a contenere l’impennata dei prezzi alimentari (aumentati comunque del 14% a livello globale nel 2022) ma non ha rappresentato la soluzione alla fame globale che oggi colpisce almeno 122 milioni di persone in più rispetto al 2019 – ha commentato Francesco Petrelli, policy advisor sulla sicurezza alimentare di Oxfam Italia – Centinaia di milioni di persone soffrivano la fame prima che la Russia invadesse l’Ucraina e centinaia di milioni continuano a soffrire la fame oggi: 783 milioni in totale l’anno scorso, secondo i recentissimi dati FAO. Paesi come il Sud Sudan e la Somalia, a cui è andato appena lo 0,2% del grano ucraino dall’entrata in vigore dell’accordo, sono ad un passo dalla carestia. Tutto questo è semplicemente vergognoso e descrive un mondo in cui la disuguaglianza di accesso al cibo continua a crescere sempre di più invece che diminuire”.
Contro la crisi alimentare, dice l’organizzazione, occorre “ripensare radicalmente” l’attuale sistema alimentare mondiale, diversificando la produzione agricola e sostenendo i piccoli produttori nei Paesi in via di sviluppo: “Per combattere davvero la fame dobbiamo ripensare subito e radicalmente l’attuale sistema alimentare mondiale, a maggior ragione oggi che questo accordo non è più in discussione – spiega ancora Petrelli – La crisi attuale non si risolverà continuando a produrre in modo concentrato ed estensivo prodotti di prima necessità solo in alcuni Paesi, ma diversificando e investendo nei piccoli agricoltori soprattutto nei Paesi più poveri, promuovendo un modello agricolo sostenibile anche nei Paesi ricchi e in Europa, tra l’altro parte essenziale del Green Deal. Solo così potremo venir fuori da una dipendenza che in tempi di shock sempre più frequenti genera fame e carestie nelle regioni più povere del nostro mondo”.
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