È arrivata, come ogni anno, la classifica dell’Economist che ha la funzione di presentare la salute politica di ogni Paese del mondo. Ecco i dati
Il settimanale britannico Economist, come tradizione annuale, ha stilato la sua classifica sullo stato di salute di 167 Paesi del mondo, categorizzandoli in democrazie piene, democrazie imperfette, regimi ibridi e autoritarismi. I risultati rivelano che tra le democrazie piene, la Norvegia continua a detenere la posizione di governo migliore al mondo, con un punteggio globale di 9.81 su 10. La Nuova Zelanda mantiene il secondo posto, mentre l’Islanda ha sorpassato la Svezia e si è piazzata al terzo posto. Completano la top ten Finlandia, Danimarca, Svizzera, Irlanda, Paesi Bassi e Taiwan. Questi dati evidenziano la solidità delle strutture democratiche in questi paesi.
La classifica dell’Economist rivela che i “sinceri democratici” rappresentano solo l’8% della popolazione mondiale, limitandosi ai 24 Paesi in cima alla lista. Nel frattempo, il numero di autoritarismi rimane stabile a 59, una notizia che può essere vista in modo positivo.
Un caso notevole è quello della Russia, che ha registrato il più grande declino democratico, scendendo di ben 22 posizioni rispetto alla classifica precedente, posizionandosi al 146° posto. A livello globale, i tre paesi con i punteggi più bassi sono l’Afghanistan, il Myanmar e la Corea del Nord. Al contrario, Norvegia, Nuova Zelanda e Islanda si confermano come i paesi più democratici del mondo. Questi dati sottolineano le sfide e le differenze nelle pratiche democratiche tra le nazioni.
Ma come funziona il Democracy Index? Il Democracy Index del The Economist è un sistema di valutazione che si basa su una media ponderata di risposte a 60 domande. Ogni domanda offre due o tre alternative risposte permesse. Un aspetto importante da notare è che molte di queste risposte vengono valutate da esperti. Tuttavia, il rapporto non fornisce dettagli sulla tipologia di esperti coinvolti, il loro numero, né se lavorano direttamente per The Economist o sono studiosi indipendenti. Inoltre, non viene specificata la nazionalità degli esperti.
Alcune risposte provengono da sondaggi condotti nell’opinione pubblica dei paesi interessati. Nel caso in cui manchino sondaggi per determinati paesi, vengono utilizzati dati da nazioni simili e le valutazioni degli esperti vengono impiegate per colmare le lacune. È importante notare che il Democracy Index cerca di fornire una valutazione globale dello stato della democrazia, ma la sua metodologia può sollevare alcune questioni in termini di trasparenza e precisione nella raccolta dei dati.
L’indice di democrazia del The Economist si basa su una metodologia in cui ciascuna delle 60 domande viene valutata dagli esperti con 1 (corrispondente a “sì”), 0 (corrispondente a “no”), o in alcuni casi, 0,5 (per risposte non nette). Oltre alle valutazioni degli esperti, vengono considerati anche sondaggi nazionali o regionali certificati e parametri come la partecipazione elettorale.
Dopo aver ottenuto le valutazioni per ciascuna domanda, viene calcolato un punteggio complessivo per ogni macro categoria, che va da zero a dieci. La media dei punteggi ottenuti determina la posizione di ciascun paese nella classifica. Questi punteggi vengono utilizzati per classificare i paesi in quattro tipi di regime democratico: “democrazia piena” (con un punteggio superiore a 8), “democrazia imperfetta” (con un punteggio tra 6 e 8), “regime ibrido” (con un punteggio tra 4 e 6) e “regime autoritario” (con un punteggio di 4 o inferiore). Questa metodologia aiuta a comprendere la diversità delle pratiche democratiche in tutto il mondo.
Il Democracy Index, calcolato dalla media dei punteggi delle cinque categorie, determina la classificazione di una nazione in uno dei seguenti modi:
Questi criteri aiutano a classificare le nazioni in base al loro grado di democrazia e a evidenziare le differenze nelle pratiche democratiche a livello globale.
Qual è la situazione dell’Italia? Secondo il Democracy Index, il nostro Paese ha “il governo più di destra dalla fine della seconda guerra mondiale” e il rischio è che Fratelli d’Italia adotti politiche illiberali “sotto la pressione dei suoi partner di coalizione”. L’Italia, secondo questa classifica, ha un punteggio di 7,69, il quale la colloca tra le democrazie imperfette. La posizione in classifica, quindi, è scesa di tre posizioni rispetto allo scorso anno, scendendo al trentaquattresimo posto. Se questo può sembrare un dato negativo, è, però, necessario dire che anche gli Stati Uniti si trovano tra le democrazie imperfette, esattamente al trentesimo posto con un punteggio pari a 7,85, poco di più rispetto al nostro Paese.
Il punteggio medio globale della democrazia è rimasto sostanzialmente fermo nel 2022, nonostante le aspettative di un rimbalzo positivo che avrebbe potuto comportare la revoca delle restrizioni legate alla pandemia. La diffusa soppressione delle libertà individuali, inizialmente intesa a proteggere le persone dal covid-19, aveva infatti ridotto i punteggi nel 2020 e nel 2021. Per questo l’Europa occidentale ha registrato un netto miglioramento della propria pagella, che è tornata ai livelli pre-pandemia. Ma nel resto del mondo c’è stato invece un peggioramento, anche per effetto della guerra in Ucraina.
Il punteggio globale di 5,29 su dieci, in aumento di appena 0,01 rispetto all’anno precedente, rappresenta dunque una stagnazione piuttosto che quell’inversione della recessione democratica iniziata nel 2016 che sembrava probabile.
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