Italiani all’estero: quanti sono, perché se ne vanno e forse tornano, ma mai abbastanza da compensare i numeri.
Nel corso degli ultimi 18 anni, sono quasi sei milioni gli italiani che hanno deciso di trasferirsi fuori dall’Italia: si tratta di un vertiginoso aumento del 91%. Questa tendenza riguarda sia gli intellettuali che fuggono, che una bella fetta di popolazione giovane, considerando che il 44% degli 82 mila espatriati nel 2022 rientrava in una fascia d’età che andava tra i 18 e i 34 anni, un aumento del 2% in paragone all’anno precedente. Sembra che il 75% circa abbia scelto di andarsene in altri posti in Europa, il che sottolinea un grande problema giovanile che l’Italia dovrebbe prendere in carico.
C’è da sottolineare però che non si tratta solo dei giovani che se ne vanno, è una tendenza su più fronti. Le donne sono aumentate del 99,3%, i minori del 78,3% e gli over 65 del 109,8%. La Fondazione Migrantes ha presentato un rapporto a Roma, con la presenza di personaggi notevoli tra cui monsignor Gianfranco Perego, il cardinale Matteo Maria Zuppi, il presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli e l’economista e sociologo Mauro Magatti; il rapporto sottolinea che i trasferimenti all’estero sarebbero aumentati del 44,9%.
A quanto pare dal 2020 sono più di 79 mila i residenti che hanno lasciato l’Italia, e alcune tra le regioni più incluse sono: Toscana, Veneto e Lombardia. Uno dei motivi principali per cui questo fenomeno sta prendendo sempre più piede parrebbe essere le migliori opportunità sia nell’ambito del lavoro che degli studi.
Questo rapporto mette in luce un’Italia confusa tra espatri, crisi demografiche e una sfiducia continua e diffusa, contrapposta a un’Italia che continua la sua vita all’estero, diventando sempre più grande. Anche gli anziani stanno a modo loro contribuendo a questa crescita continua dei numeri, per motivi diversi: talvolta per seguire figli e nipoti, altre volte per vivere in paesi con tasse più basse.
Mentre i rimpatri esistono ancora e continuano, non si avvicinano per niente al numero delle partenze. Per quanto siano aumentati nei 10 anni tra 2012 e 2021, da 29 mila a 75 mila, non riescono a compensare con quanti se ne vanno. Sono stati in totale in quei 10 anni 443 mila, che provenivano tendenzialmente da Germania, Svizzera, Francia e Regno Unito, soprattutto in seguito alla Brexit.
Hanno cercato di mettere in pratica alcune agevolazioni per beneficiare i rientri e combattere la cosiddetta fuga di cervelli, come ad esempio riduzioni Irpef fino al 90% per docenti dell’università e ricercatori, ma c’è la probabilità che siano agevolazioni destinate a essere tagliate sotto il governo Meloni.
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