Il problema dei resi gratuiti è enorme e le aziende devono prenderne consapevolezza, ma anche i consumatori: è un serio disagio per l’ambiente
Con la pandemia di ormai 4 anni fa sempre più consumatori hanno preso l’abitudine di acquistare qualsiasi cosa online. La comodità di non perdere tempo per negozi e di ricevere tutto direttamente fuori il portone di casa, ha fatto sì che sempre più persone si affacciassero al mondo dell’e-commerce, in modo tale da permettere alle aziende di investire in servizi sempre più sicuri per quanto riguarda il pagamento online, le politiche di reso e i rimborsi.
Molte realtà online hanno proposto ai clienti la possibilità di rendere i prodotti ricevuti in modo totalmente gratuito, influendo positivamente sulla frequenza d’acquisto, almeno in un primo momento. Successivamente la situazione invece è degenerata. Negli ultimi anni si è verificato un graduale ritorno ai negozi fisici con il rientro dell’allarme pandemico. Nonostante questo, però, i dati sui resi invece continuano a rimanere costanti, senza diminuzioni significative.
Il problema dei resi è enorme, parlano i dati: perché le aziende devono eliminare il reso gratuito
Secondo la National Retail Federation, negli Stati Uniti i resi hanno interessato il 17% delle vendite di e-commerce nel 2021, rispetto all’11% del 2020. Il fenomeno viene attribuito al bracketing. Si tratta di una pratica sempre più diffusa, con la quale gli acquirenti, indecisi sulla taglia o sul colore del capo, ordinano online lo stesso prodotto in diverse misure, sapendo in anticipo di poter mandare indietro tutto ciò che non va, gratuitamente.
Si assiste a un fenomeno di shopping compulsivo che si espande sempre di più e ad una diminuzione della consapevolezza negli acquisti. La semplicità e la sicurezza degli acquisti online, e l’aggiunta del reso gratuito, sono la causa dello shopping compulsivo che spinge le persone a comprare non solo ciò di cui hanno realmente bisogno, ma anche ciò che desiderano.
Questo comportamento ha contribuito all’aumento del tasso medio di reso, il quale ha conseguenze negative non solo sui bilanci delle aziende ma anche sull’ambiente: i dati parlano di un vero disastro. Di fronte a questa situazione, molti negozi si interrogano se non sia necessario intervenire: per esempio Zara, così come anche poi H&M, introducendo una commissione di 2 sterline per i clienti nel Regno Unito, e adesso anche Amazon sta valutando la possibilità di eliminare il reso gratuito.
La frequenza di pacchi rispediti al mittente è talmente tanto alta che per ogni capo bisogna calcolare l’emissione di gas serra moltiplicato per due: quello d’andata e quello di ritorno. Inoltre, in casi come quello di Amazon, non sempre il materiale ricevuto indietro viene rimesso sul commercio: nella maggior parte dei casi viene smaltito, causando ancora più rifiuti.