L’Italia si conferma uno dei Paesi più vecchi dell’Unione Europea: 187 anziani ogni 100 giovani. Dalla decrescita demografica all’abbandono precoce degli studi, i dati raccolti dall’Istat non dipingono un quadro molto rassicurante per lo Stivale
L’Italia è un Paese per vecchi!
Parafrasando il titolo di uno dei romanzi più celebri di Cormac McCarthy, noto autore scomparso lo scorso 13 giugno all’età di 89 anni, il Belpaese si conferma ancora una volta uno degli Stati dell’Unione Europea con il maggior numero di anziani e il minor numero di giovani.
A dimostrarlo sono gli ultimi dati Istat diffusi attraverso la pubblicazione della guida “Noi Italia – 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo”.
Un report il cui scopo è quello di analizzare la realtà odierna, fornendo un quadro d’insieme dei diversi aspetti ambientali, demografici, economici e sociali dell’Italia.
Paese vecchio e in cui si studia poco: l’Italia è senza futuro?
Secondo quanto riportato dall’Istat, l’Italia è un Paese dall’età media decisamente avanzata e in cui gli studi vengono abbandonati spesso troppo presto dai giovani.
Entrando più nel dettaglio, al 1° gennaio 2022 la popolazione italiana residente ammonta a 59.030.133 persone, con una decrescita del -0,3% rispetto all’anno precedente.
Un calo dovuto in larga misura a una dinamica naturale, ovvero al tasso di mortalità che resta più alto di quello di natalità.
Quello italiano resta, infatti, uno dei Paesi più vecchi di tutta l’Unione Europea, tanto che nel 2022 l’indice di vecchiaia ha raggiunto addirittura quota 187,6 anziani ogni 100 giovani.
Un numero che continua a peggiorare visto il basso tasso di natalità, acuito dal fatto che l’età media del parto in Italia è salita a 32,4 anni (fra le più alte d’Europa, ndr).
La speranza di vita alla nascita, nel 2022, è invece di 80,5 anni per gli uomini e di 84,8 per le donne.
Sulla popolazione totale e sulla sua età, incide anche il numero di stranieri residenti in Italia, i quali al 1° gennaio 2022 si sono attestati a quota 5 milioni (circa l’8,5% della popolazione totale, ndr). Di questi, i cittadini non comunitari regolarmente presenti in Italia a inizio 2022 sono circa 3 milioni e 561 mila.
Quella italiana, nel suo complesso, è una popolazione che negli ultimi anni continua a invecchiare, ma anche ad abbandonare gli studi molto presto.
Stando ai dati Istat, oltre un terzo degli adulti ha al massimo la licenza di scuola media (37,4%), mentre un giovane su dieci (nella fascia 18-24 anni) abbandona precocemente gli studi superiori: ben l’11,5%.
La situazione peggiore si registra al Sud, dove l’incidenza sale fino al 15,1%, mentre i giovani che né lavorano né studiano – i Neet di tutta Italia – sono circa il 19% della popolazione d’età compresa tra i 15 e i 29 anni.
Dati che, se accostati, risultano ancora più allarmanti.
Dall’analisi Istat emerge, infatti, che l’Italia è un Paese vecchio e in cui si studia sempre meno.
Tradotto: un Paese senza futuro. O quanto meno, dal futuro incerto e complicato.
L’unico aspetto che può essere letto come positivo, è il fatto che il tasso di disoccupazione nel 2022 è diminuito di 1,4 punti percentuali rispetto all’anno precedente, scendendo così dal 9,5% all’8,1%.
In calo è anche l’indicatore della fascia d’età tra i 15 e i 24 anni (-6%), il quale si attesta al 23,7%.
Il tasso d’occupazione nella fascia 20-64 anni è salito al 64,8% nel 2022 (+2,1% rispetto al 2021), ma un forte squilibrio continua a registrarsi per quanto riguarda il genere.
Gli uomini vengono assunti in cifra maggiore rispetto alle donne. Un altro annoso problema da risolvere in Italia.