Il paese asiatico ha dichiarato che intraprenderà un’azione legale contro Meta Platforms (META.O), colpevole (a suo dire) di non aver rimosso post “indesiderati” da Facebook
La Malesia si scaglia contro Facebook e Meta. Il paese asiatico ha infatti deciso di intraprendere un’azione legale contro il colosso fondato da Mark Zuckerberg, reo (stando a quanto sostiene la Commissione malese per le comunicazioni e i multimedia) di non aver rimosso post considerati “indesiderati” da Facebook.
Una decisione, quella del governo malese, presa dopo le combattutissime elezioni nazionali dello scorso anno, il cui esito ha causato un forte aumento delle tensioni etniche all’interno del paese. Da quando è salita al potere l’amministrazione del primo ministro Anwar Ibrahim a novembre 2022, questa ha promesso di porre un freno a quelli che definisce post provocatori che trattano argomenti quali razza e religione.
Stando a quanto dichiarato dalla Commissione malese per le comunicazioni e i multimedia, però, Meta non avrebbe preso provvedimenti sufficienti ad arginare questo fenomeno nonostante le ripetute richieste di contrasto a tali contenuti. Da qui la decisione di muovere un’azione legale al fine di promuovere la responsabilità per la sicurezza informatica e la protezione dei consumatori.
Quelle relative alla razza e alla religione sono questioni assai delicate in Malesia, in quanto lo Stato conta una maggioranza di malesi di etnia musulmana insieme con un significativo numero di minoranze etniche cinesi e indiane.
Anche i commenti sui reali tanto venerati del Paese sono una questione spinosa, e quelli negativi nei loro confronti possono essere perseguiti in base alle leggi sulla sedizione.
L’azione contro Facebook, che è la più grande piattaforma di social media della Malesia (e si stima che il 60% dei 33 milioni di abitanti abbia un account registrato), arriva a poche settimane dalle elezioni regionali in sei Stati, che dovrebbero contrapporre la coalizione multietnica di Anwar ad un’alleanza conservatrice di musulmani malesi.
A livello globale, le grandi aziende di social media, tra cui Meta, YouTube di Google e TikTok, sono spesso sottoposte a controlli normativi per i contenuti pubblicati sulle loro piattaforme.
Alcuni governi del Sud-Est asiatico hanno spesso richiesto la rimozione di contenuti “indesiderati”. Nel 2020, per esempio, il Vietnam ha minacciato di chiudere Facebook nel Paese se la piattaforma non si fosse piegata alle pressioni del governo per censurare un maggior numero di contenuti politici locali. Nel primo trimestre dell’anno scorso le piattaforme di social media operanti in Vietnam hanno rimosso più di 3.200 post e video che contenevano informazioni false e violavano la legge del Paese.
In Indonesia, nel 2019 Facebook ha eliminato centinaia di account, pagine e gruppi locali legati a un’organizzazione di fake news.
Nei prossimi mesi potremo constatare come risponderà Meta all’azione legale della Malesia e se Facebook provvederà a limitare la diffusione di contenuti ritenuti offensivi, come già successo negli Stati sopracitati.
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