Molti italiani pensano che la Gioconda sia stata rubata da Napoleone, ma non è affatto così! Ecco la vera storia del dipinto più famoso al mondo
“Per quale motivo la Gioconda di Leonardo da Vinci è ospitata in Francia al Louvre di Parigi?“, “Fu Napoleone a portarla via dall’Italia?“, “Beh, comunque i francesi dovrebbero restituirla“. Quante volte avete sentito queste domande e affermazioni nella vostra vita? Probabilmente molte, eppure la Francia ha ottenuto la Monna Lisa in modo legittimo: fu acquistata da re Francesco I intorno al 1518-1519. Quindi, la storia del furto è una creazione (una sorta di fake news, direi oggi), ma è dovuta a elementi specifici che possono essere identificati e ricostruiti. Vediamo qual è la vera storia di uno dei quadri più conosciuti e ammirati al mondo.
Napoleone non rubò la Gioconda: ecco la vera storia dell’opera
Si è discusso approfonditamente della Gioconda di Leonardo, esplorando ogni dettaglio e esprimendo opinioni contrastanti. Non entrerò nei dettagli di tali discussioni, ma condividerò le informazioni comunemente considerate più attendibili. Torniamo indietro nel tempo.
Siamo a Firenze nei primi anni del 1500: la città toscana è il cuore del Rinascimento, un periodo di straordinario sviluppo culturale e artistico che ha avuto origine in Italia e si è diffuso in tutta Europa. Tra le figure più eminenti di quel periodo spicca Leonardo da Vinci, una delle menti più eclettiche e geniali della storia umana. Pittore, scultore, anatomista, inventore, scrittore, urbanista… un vero poliedrico.
Già celebre in quegli anni, Leonardo, per sostenere se stesso, accetta commissioni artistiche. Secondo il racconto di Giorgio Vasari, un altro rinomato artista e storico dell’arte successivo, nel 1503 Leonardo riceve l’incarico per un dipinto. Il committente è Francesco del Giocondo, un mercante di seta fiorentino che fornisce la corte dei Medici. Curiosamente, è anche cliente di Piero, il padre di Leonardo, notaio di professione. A proposito di curiosità, la madre di Leonardo è descritta come una ex schiava di origine caucasica.
La richiesta di Francesco del Giocondo al talentuoso artista toscano è chiara: ritrarre sua moglie Lisa Gherardini. Quasi senza accorgercene, abbiamo già ottenuto gli elementi per comprendere i due nomi con cui viene chiamata la donna nel quadro: “Gioconda” per essere la moglie di Francesco del Giocondo e “Monna”, ossia “Signora”, “Lisa” perché il suo nome era Lisa. Ci sono altre teorie sull’identità della persona ritratta nell’opera, ma in questo contesto non le approfondiremo.
Leonardo inizia a dipingere il quadro, ma nel frattempo si dedica ad altre attività. Impiega quattro anni per completare un’opera che si può definire più o meno compiuta, ma non contento, la perfeziona per ulteriori sei anni, fino al 1513. Porta il dipinto con sé durante i suoi viaggi, incluso a Milano. In sostanza, Francesco del Giocondo non ha mai ricevuto il quadro commissionato.
Nel 1516, Leonardo riceve l’invito del re Francesco I di unirsi alla sua corte, offrendogli denaro, un castello e il titolo di “primo pittore, ingegnere e architetto del re”. L’artista toscano accetta e si trasferisce nella valle della Loira, in particolare al castello di Clos Lucé presso Amboise. Tra i dipinti che porta con sé c’è anche la Gioconda, su cui Leonardo continua a lavorare, come testimoniato da Antonio de Beatis nell’ottobre del 1517.
Giungiamo al momento cruciale: Leonardo da Vinci muore ad Amboise il 2 maggio del 1519, a 67 anni. Ci sono due ipotesi sulla vendita della Gioconda. Secondo alcuni studiosi, nel 1518 l’artista aveva già ceduto l’opera a Francesco I, insieme ad altri quadri, per circa 4000 scudi d’oro. Secondo altri, Gian Giacomo Caprotti, noto come il Salai, allievo e amante di Leonardo, potrebbe aver effettuato la vendita poco prima o dopo la morte del genio toscano.
In ogni caso, il risultato rimane invariato: la Francia detiene regolarmente la Gioconda da quel momento. Pertanto, chiedere il suo ritorno non ha senso.
Ora, da dove proviene l’idea che Napoleone abbia rubato la Monna Lisa dall’Italia? Per comprenderlo, dobbiamo esaminare la storia del dipinto e considerare tre elementi chiave.
Il quadro giunge al Louvre nel 1665, poi a Versailles nella galleria privata di Luigi XIV. Successivamente, dopo la rivoluzione francese nel 1797, ritorna al Louvre, ma è collocato in posizione marginale. Infine, arriva Napoleone, affascinato dal dipinto al punto da farlo trasferire nella stanza di sua moglie Josephine all’interno del Palazzo delle Tuileries. In seguito, lo ricolloca al Louvre dopo la sua incoronazione a imperatore nel 1804-1805.
Così, identifichiamo il primo dei tre aspetti collegati a “Napoleone-Gioconda”: l’imperatore francese era sinceramente affascinato dall’opera.
Il secondo elemento, più riconducibile all’idea di furto, consiste nel fatto che durante le sue campagne di conquista, Napoleone prese con sé un gran numero di opere dall’Italia, inclusi alcuni lavori di Leonardo da Vinci. La maggior parte di queste opere non è mai stata restituita alla nostra nazione dalla Francia, nonostante tentativi diplomatici volti al loro recupero.
In conclusione, il terzo e ultimo elemento, connesso ai precedenti, riguarda l’unico vero furto subito dalla Gioconda nella sua storia, accaduto nel 1911 e perpetrato da un italiano di nome Vincenzo Peruggia.
Peruggia svolgeva il lavoro di imbianchino al Louvre e, durante lavori di ristrutturazione – considerando che all’epoca mancavano i moderni sistemi di sicurezza – trafugò il dipinto. Lo fece sia per ottenere qualche soldo che per motivi patriottici, poiché credeva sinceramente che la Gioconda fosse stata portata in Francia da Napoleone. Successivamente, dichiarò pubblicamente questa convinzione, dando il via a una bufala che si diffuse rapidamente in Italia.
Il furto ottenne una vasta copertura mediatica, comparendo su tutti i giornali dell’epoca. Di fatto, contribuì a rendere la Gioconda il celebre capolavoro che è oggi, giocando un ruolo nella crescita della popolarità del Louvre come museo più visitato del mondo. Curiosamente, al momento del furto furono accusati e persino arrestati anche il poeta Apollinaire e Pablo Picasso.
Alla fine, la Gioconda fu ritrovata due anni dopo quando Peruggia, dopo vari tentativi di vendita falliti anche all’estero, cercò di cedere l’opera agli Uffizi di Firenze. L’imbianchino fu arrestato e il dipinto fu restituito alla Francia dopo essere stato esposto in Italia per un breve periodo di tempo. Tuttavia, la storia di Napoleone che l’aveva rubata all’Italia aveva già iniziato la sua diffusione inarrestabile, persistente ancora oggi.