Perché una fake news si chiama bufala? Bella domanda. Esistono diverse versioni sul motivo per cui questo termine venga utilizzato, ma non collimano tra loro. Proviamo a vedere quali sono.
Il termine bufala è entrato ormai a far parte del nostro linguaggio comune. Tutti sanno che viene definita bufala una notizia priva di fondamento, una fake news. Un tema che, con l’avvento di Internet, non ha fatto altro che ingigantirsi. Oggi, infatti, è sempre più complesso riuscire ad orientarsi nel mondo dell’informazione online. Capire, cioè, cosa sia vero e cosa, invece, sia inventato. Un problema non di poco conto che il lettore non sa come affrontare. Al di là, però, dell’aspetto etico e di tutte le sue possibili implicazioni, noi siamo qui per provare a capire come mai si sia scelto, nel tempo, di utilizzare il termine bufala per parlare di una notizia senza fondamento. Ecco, una risposta vera non c’è. O meglio, ci sono diverse versioni che sembrano portare tutte nello stesso luogo, Roma, ma che non collimano per tempi.
Perché una fake news è chiamata bufala?
Come dicevamo, le versioni sulla nascita del termine bufala associata a una notizia falsa sono diverse e non concordanti, se non per il luogo da cui hanno avuto origine. La prima versione, che compare in un approfondimento realizzato dall’Accademia della Crusca, si riferisce al Grande dizionario italiano dell’uso di De Mauro, in cui viene spiegato come il termine bufala sarebbe attestato dal 1960 e deriverebbe dal romanesco. Tale datazione risale a Claudio Quarantotto, che riporta un esempio di Gianfranco Calderoni, che parla di “un film che, anche prima di essere visto, fu definito una “bufala” dagli amici romani“.
La seconda versione, quella probabilmente più diffusa, si lega al mondo del cibo. Farebbe, infatti, riferimento alla carne e alla macelleria. Sempre a Roma, i macellai disonesti vendevano carne di bufala al posto di quella allora più costosa di maiale o di manzo. Una versione molto simile parla, invece, dei ristoratori. In quel caso, al ristorante veniva servita carne di bufala al posto della più costosa vitella. In entrambi i casi il cliente, una volta scoperto l’arcano, esclamava: “Ma è una bufala!“. Da lì sarebbe nata, quindi, la consuetudine di definire una fake news in questo modo.
La terza versione: le scarpe di bufalo
C’è, infine, una terza versione, fornita sempre dall’Accademia della Crusca nel suo già citato approfondimento. “All’epoca le donne erano solite portare, per risparmiare, delle scarpe con le suole in pelle di bufalo/bufala, invece del più costoso cuoio; capitava, nei giorni di pioggia, che con tali calzature si scivolasse, anche con considerevoli conseguenze; quando una donna infortunata arrivava al Pronto Soccorso, il personale d’ospedale, considerata l’alta frequenza dei casi, usava l’espressione “Ecco un’altra bufala” (indicando la paziente metonimicamente con la causa del suo incidente: ‘un’altra scarpa in pelle di bufalo aveva provocato nuovamente una brutta caduta’). Di qui il termine sarebbe diventato sinonimo di fregatura, per passare poi a indicare sia la notizia falsa“, si legge.
In conclusione, sembra evidente come il termine abbia preso forma nell’ambito romano, ma è impossibile individuare con certezza come e quando. L’utilizzo del termina bufala come sinonimo di fregatura o fake news è comunque molto recente, non esisteva prima del XX secolo.