La pasta è uno degli alimenti più consumati in Italia, ma siamo sicuri che tutti i produttori rispettino i limiti di legge in merito ai pesticidi?
Quando si pensa all’Italia non si può non pensare anche alla pasta. E in effetti questo alimento è uno dei più consumati nel Bel Paese, con cifre annue che arrivano anche a 3,5 tonnellate di prodotto. Un consumo di questo calibro corrisponde a una media di 23 chili di pasta pro capite che, a prescindere dai gusti e dai consumi individuali, ci fa capire quanto la pasta sia parte integrante della nostra dieta.
Oltre a costituire uno degli ingredienti base di molti piatti tipici, la pasta si presenta in centinaia di formati e tipologie. Da quella di semola a quella fresca, da quella integrale a quella per celiaci, da quella lunga a quella corta. Ognuno ha i suoi gusti e nelle case degli Italiani se ne trovano di tutti i tipi (la pasta è uno di quei cibi da accumulare in casi di emergenza), ma siamo sicuri che i marchi produttori siano tutti uguali?
Pesticidi nella pasta: quali sono i marchi da tenere sotto controllo
Ebbene, prendendo in considerazione la filiera produttiva e in particolare l’uso di pesticidi sui grani, possiamo rispondere che no, non tutti i marchi di pasta sono uguali. Ve ne sono alcuni più contaminati e altri meno, come riportano i dati di studi e analisi effettuate in Svizzera. Secondo quanto verificato, in alcune tipologie di pasta si trovano tracce considerevoli di glifosfato, un erbicida considerato potenzialmente cancerogeno dall’IARC.
Nel 2022, inoltre, un altro studio condotto dalla rivista svizzera K-Tripp aveva analizzato 18 marchi di pasta (di cui 5 da agricoltura biologica) rilevando la presenza di vari pesticidi. A uscire perdenti in questa classifica sono alcuni marchi di pasta particolarmente noti e consumati. In particolare si parla di pasta Garofalo, Divella, Agnesi e Lidl, in cui sono state riscontrate tracce di vari pesticidi.
Conosci la provenienza del grano della pasta che mangi?
Tali brand hanno poi attenzionato la questione smentendo la veridicità delle analisi. Nel caso della pasta Lidl, ad esempio, l’azienda ha fatto sapere che i produttori svizzeri sono diversi da quelli italiani, cercando di tranquillizzare la clientela nazionale con l’idea che il prodotto più scadente in realtà non arrivi sulle nostre tavole, ma su quelle di altri.
In generale conoscere la provenienza dei grani della pasta che mangiamo è buona norma, così come sapere quali sono i brand virtuosi. Uno di questi è Barilla, che è uscito vincitore dalle analisi svizzere soprattutto relativamente a penne rigate integrali e spaghettoni: totalmente immuni dalla presenza di pesticidi.