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Attualità

Origami, 7 curiosità sul passatempo giapponese

Scopriamo cosa si cela dietro l’arte degli origami, un antico passatempo considerato un vero e proprio must in Giappone. Chi non ha mai provato a prendere un foglio di carta e a piegarlo per creare una forma particolare? Ecco qualche curiosità interessante

 

Basta pronunciare la parola “origami” per evocare immediatamente nella mente di chiunque un piccolo animaletto di carta o una qualsiasi costruzione particolare ottenuta semplicemente piegando un foglio e senza utilizzare alcun genere di collante.

Tale termine, infatti, indica l’antica arte giapponese del piegare la carta, dal momento che la parola “origami” deriva proprio dall’unione dei due vocaboli nipponici “ori” = piegare e “kami” = carta.

Oggi cerchiamo di conoscere meglio questo iconico passatempo, scoprendo qualche curiosità sul mondo degli origami.

L’origine e l’essenza degli origami

La nascita degli origami si lega a doppio filo al Giappone, terra in cui nutre un contatto diretto in particolar modo con la religione shintoista.

Qui la parola “carta” e la parola “dèi” si pronunciano allo stesso modo, ovvero attraverso l’utilizzo del vocabolo “kami”, a dimostrazione di come alla carta sia dato un significato quasi sacro nel Paese del Sol Levante.

Immagine | Unsplash @KatrinHauf – Spraynews.it

Proprio la carta è l’elemento da cui si originano gli origami, le cui forme primordiali, i cosiddetti “go-hei”, erano formate essenzialmente da semplici strisce di carta piegate in forme geometriche.

Queste venivano poi unite con un filo a delle bacchette di legno e utilizzate per delimitare le aree sacre.

Secondo alcune credenze, i primi origami nipponici risalirebbero addirittura all’epoca Muromachi, durata dal 1392 al 1573 d.C., e durante la quale i giapponesi erano soliti svolgere delle cerimonie in cui donavano ai samurai alcuni molluschi detti noshi-awabi.

Tali molluschi erano un simbolo di immortalità e venivano offerti all’interno di un astuccio di carta, il quale, con il passare dei secoli, iniziò a essere piegato in modo sempre più complesso, così da assumere maggiore dignità.

Da qui la nascita degli origami, oggetti che nella tradizione giapponese possono assumere vari significati in base all’elemento rappresentato.

Per esempio, uno dei più donati è quello a forma di gru, il quale rappresenta la purezza.

Oggigiorno, le moderne tecniche per produrre gli origami prevedono l’utilizzo di poche tipologie di pieghe combinate tra loro in un’infinità di varietà. Nascono così opere anche molto complesse e dal fascino unico.

Solitamente si parte sempre da un foglio del colore desiderato e si procede poi effettuando le varie pieghe, senza mai operare dei tagli sulla carta. L’idea è quella di realizzare una metafora del ciclo continuo della vita, estremamente complesso, ma altrettanto fragile.

Questa regola non era prevista, invece, alle origini, quando era frequente tagliare il foglio anche più volte per produrre un origami.

Le pieghe principali utilizzate nella creazione di un origami sono: la piega a monte, la piega a valle, la piega a fisarmonica o doppia piega semplice e la piega a libro.

Queste vengono solitamente effettuate partendo da alcune basi, di cui le più famose sono: la base quadrata, la base triangolare, la base aquilone, la base pesce, la base gru, la base fiore, la base girandola e la base busta.

Oltre alla conoscenza di queste tecniche fondamentali, per creare un origami serve poi molta pazienza, una grande manualità e parecchia fantasia.

Curiosità interessanti

Vediamo ora quali sono alcune delle curiosità più interessanti che possono aiutarci a conoscere meglio il complesso e affascinante mondo degli origami.

Immagine | Unsplash @KevinLanceplaine – Spraynews.it

1. Gli origami si sono affermati nella religione shintoista e nella cultura giapponese nel corso del periodo Heian, epoca compresa tra il 794 e il 1185 d.C. e che prende il nome direttamente dalla capitale del tempo del Sol Levante, ovvero Heian-kyo, l’attuale Kyoto. Si tratta di un periodo culturalmente molto ricco in molti ambiti, quello artistico compreso. È in quest’epoca che si afferma anche la cosiddetta “Festa delle Bambine”, l’Hinamatsuri, durante la quale una bambola di origami veniva posta su una barca e lasciata trasportare dalla corrente di un fiume fino al mare più vicino. Un’usanza poi impreziosita con il passare degli anni, visto che si iniziò a rappresentare con gli origami l’intera corte imperiale, con i suoi personaggi in abito tradizionale.

2. Gli origami vengono utilizzati durante la celebrazione di molte feste in Giappone, soprattutto durante il Capodanno. Essi assumono vari significati in relazione agli animali o agli elementi rappresentati. Si associano spesso a valori, speranze e simboli religiosi. Gli origami sono, dunque, un mezzo pratico per rappresentare qualcosa di altrimenti intangibile. Nel periodo Edo (1603-1868 d.C.), per esempio, venne sviluppato l’origami della gru, come simbolo di immortalità. Non solo. Leggenda narra che chiunque pieghi mille gru di origami vedrà poi esauditi i propri desideri.

3. Nella creazione degli origami è possibile utilizzare la tecnica del wet-folding, la quale prevede di inumidire il foglio durante la fase di piegatura, così che esso, una volta asciutto, possa mantenere meglio la forma. Altra tecnica è quella del soft-folding, la quale prevede che il foglio venga piegato in modo più o meno deciso in base agli effetti particolari che si vogliono creare. Altra tecnica ancora è quella dell’origami modulare, in cui un’unica forma finale è formata da singoli modelli assemblati tra loro.

4. Oggigiorno il termine “origami” identifica in tutto il Mondo la piegatura della carta, a prescindere dai luoghi specifici in cui essa viene compiuta e dai loro usi e costumi. Anticamente non era però così. L’arte della piegatura giapponese si differenziava, per esempio, da quella cinese. La prima ha sempre avuto come soggetti degli animali, la seconda degli oggetti inanimati come barche ed edifici. Una differenza che ancora oggi, in alcune aree della Cina, viene rimarcata utilizzando il termine Zhe Zhi al posto di origami per identificare le opere di carta cinesi. Secondo alcuni studiosi, la primissima traccia degli origami sarebbe da ritrovare proprio in Cina, dove la carta è prodotta fin dal 200. A introdurre l’arte del piegare la carta in Giappone sarebbero poi stati i monaci buddisti cinesi nel VI secolo.

5. Oltre che del Giappone e della Cina, gli origami fanno parte della cultura anche di altre terre. Una di queste è il Vietnam, dove dei pesci di origami vengono appesi agli alberi durante le feste di inaugurazione del nuovo anno. Altro luogo sono le Hawaii, negli Stati Uniti d’America, dove la popolazione autoctona è solita realizzare delle ghirlande unendo fiori, frutti ed elementi di carta.

6. Il primo a capire che l’arte degli origami potesse essere utilizzata con efficacia in ambito educativo è stato il pedagogista tedesco Friedrich Fröbel, vissuto dal 1782 al 1852. È grazie a lui che la costruzione degli origami è diventata una disciplina da insegnare nelle scuole, dove è stata poi adattata a nuove applicazioni. Al giorno d’oggi l’arte degli origami viene, infatti, applicata in diversi ambiti tecnologici, dalla progettazione degli airbag delle auto ai telescopi spaziali.

7. La costruzione degli origami è un passatempo adatto a ogni età e che aiuta a sviluppare il proprio senso estetico, a comprendere l’importanza delle proporzioni e dell’armonia delle forme e a esprimere le proprie potenzialità creative. L’arte degli origami, inoltre, allena sia la memoria a breve che a lungo termine e stimola concentrazione, curiosità, impegno e precisione. Essa attiva contemporaneamente sia l’emisfero sinistro che quello destro del cervello e favorisce il rilascio di serotonina, allontanando i pensieri negativi e alimentando sentimenti di tranquillità, gioia e soddisfazione.

Marco Garghentino

Brianzolo dal 1996, ho sempre pensato che la comunicazione sia la principale arte che l’uomo ha sviluppato nei secoli. Amo lo sport, conoscere il Mondo ed essere informato. Ogni vita ha una storia e spesso vale la pena raccontarla.

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