In Italia, ogni estate, si parla dell’arrivo di Caronte, il famoso anticiclone che porta alte temperature in tutta la penisola. In molti, però, spesso si chiedono: “Perché gli anticicloni hanno questi nomi strani?”, ecco la risposta!
Ogni estate, quando sta per arrivare l’ondata di caldo direttamente dall’Africa, che porta con sé temperature sopra i 40 gradi, al telegiornale sentiamo dire frasi del genere: “Caronte è in arrivo in Italia”. Ormai siamo abituati a sentire questi stravaganti nomi alla Tv mentre si parla di meteo, ma perché gli anticicloni, sia freddi che caldi, hanno dei nomi? Vediamo le motivazioni date direttamente dal sito iLMeteo.it.
Caronte, Hannibal, Scipione e molti altri: ecco perché diamo i nomi agli anticicloni e le loro origini
La prima volta che in Italia si è parlato dell’anticiclone Carone era il 2012, e all’epoca molte persone si stranirono di fronte a quel nome nuovo, usato per indicare un evento atmosferico preciso, esattamente come avveniva e avviene tutt’oggi negli Stati Uniti. Negli anni ci siamo abituati a questi nomi stravaganti, ma perchè vengono utilizzati? E qual é l’origine dei nomi?
I criteri nella scelta dei nomi da dare alle variazioni atmosferiche non sono gli stessi fra l’Europa e gli Stati Uniti. Negli Usa dare un nome agli eventi atmosferici è un’abitudine da sempre, specie per quanto riguarda gli Uragani, tant’è che vengono tutti rinonosciuti con il loro nome. Questa pratica è iniziata durante la Seconda Guerra Mondiale, quando i meteorologi dell’esercito americano che operavano nel Pacifico, iniziarono a classificare le tempeste tropicali, assegnando loro dei nomi. Fino a quel momento i diversi fenomeni atmosferici venivano identificati indicando le coordinate geografiche del luogo d’origine. Tuttavia, a partire dal 1953, il National Hurricane Center iniziò ad assegnare i nomi i quali, non si sa per quale motivo, erano quasi sempre femminili. In Europa, invece, la tradizione è nata all’Istituto di meteorologia dell’Università di Berlino negli anni Cinquanta, a seguito di un’idea di una studentessa, diventata poi meteorologa, Karla Wege.
Quindi, a partire dal 1954, il nome viene scelto da una lista composta da dieci nomi in ordine alfabetico: alle basse pressioni vengono dati nomi femminili, mentre a quelle alte vengono assegnati nomi maschili. Questo, ovviamente, creò diverse polemiche, infatti, soprattutto le attiviste femministe, videro nella scelta una sorta di discriminazione di genere: alle basse pressioni (turbolenze, piogge…) erano legati i nomi femminili, mentre alle altre (sole e bel tempo) quelli maschili. Così, dalla fine degli anni Novanta, è stato stabilito che la scelta del nome cadrà un anno sul femminile e uno sul maschile, a prescindere dal fatto che la pressione sia alta o bassa.
E in Italia, invece, come funziona?
Nel nostro Paese ufficialmente non esiste un Istituto ufficiale che abbia il compito di scegliere i nomi di cicloni e anticicloni, tuttavia, già da dieci anni il sito iLMeteo.it, fondato nell’anno 2000 da Antonio Sanò, ha dato origine alla tradizione e alla consuetudine di assegnare un nome alle varie figure bariche che attraversano il continente europeo. Lo stesso Istituto di Meteorologia di Berlino ne è al corrente, ma dato che in Europa non ci sono obblighi da parte di nessuno, in quanto su questo tema non esiste uno standard da rispettare, ognuno può chiamare questi fenomeni atmosferici a proprio piacimento.
La premessa, d’obbligo, è che i nomi dei cicloni e degli anticicloni, non derivano da una scelta né casuale, né banale, ma sono sempre oggetto di analisi e di studio, che spesso si lega alla storia e alla geografia (luogo di partenza di una particolare area di bassa pressione/anticiclone). La scorsa Primavera, per esempio, in Italia si è parlato di “Ciclone Vichingo“, per sottolineare e far comprendere l’origine scandinava delle correnti fredde ed instabili che provocarono un’ondata di maltempo su diverse regioni.
Quest’estate, come da molte estati, il nostro Paese sarà interessato dall’Anticiclone “Caronte”. Ma perchè questo nome?
Caronte, nella mitologia greca, è figlio di Erebo e Nyx (Notte), e aveva il compito di traghettare sui fiumi Stige e Acheronte quelle anime dei defunti che avevano ricevuto i riti di sepoltura. Egli voleva essere pagato con una moneta, un obolo, da mettere nella bocca del defunto.
Nell’arte è stato raffigurato per la prima volta in un vaso attico risalente al 500 a.C. circa, ed era rappresentato come un personaggi vecchio, cupo e con gli occhi ardenti. Virgilio lo ha menzionato nell’Eneide (Libro VI). Dante, invece, lo descrisse nell’Inferno, III, 82-111, dove riporta l’episodio dell’Eneide accentuando i suoi tratti demoniaci. Invece, nella mitologia etrusca era conosciuto con il nome di Charun e appariva come un demone della morte, armato di martello.
Insomma, la mitica figura ha il compito di traghettare il nostro Paese nel cuore di un’estate sempre più rovente proprio a causa del discusso cambiamento climatico, che vede un aumento inesorabile e costante delle temperature ormai in tutte le stagioni.
Sono arrivate anche, però, diverse critiche a questo sistema. Addirittura molte persone vedrebbero un “complotto” dietro questi nomi sensazionalistici, i quali, in realtà, avrebbero il compito di infondere timore alle persone, facendogli credere che il caldo sia anomalo, esagerato e dovuto al riscaldamento globale, mentre, sempre secondo queste persone, nulla di tutto questo sarebbe vero.
Il segreto di questa informazione che tende, secondo i “complottisti”, a creare il panico nelle persone nei confronti dei cambiamenti climatici è proprio nei nomi sensazionalistici che vengono assegnati, spesso inquietanti, usati per sponsorizzare le ondate di caldo. “Dicono che lo fanno seguendo l’esempio degli americani, che da anni hanno un unico centro di ricerca riconosciuto e che dà i nomi agli uragani”, ha affermato al Foglio Luigi Latini, amministratore delegato del Centro Epson Meteo, “ma c’è una differenza di fondo: gli uragani sono eventi unici, irripetibili. L’uragano Katrina del 2005 è quello e basta, non ce ne saranno altri. Caronte invece si ripete in continuazione, pur riferendosi a un evento costante e ciclico legato all’Anticiclone nordafricano”. In questo modo, secondo i sostenitori di queste teorie, una formula di comunicazione basata su un metodo antiscientifico, poco dissimile da quella usata oggi per i vaccini, è diventata una “pura operazione di marketing”, come la definisce Latini.
Per concludere, secondo chi sostiene queste tesi, le conseguenze di una comunicazione antiscientifica, che descrive un continuo stato di emergenza presunta, sono molto più concrete di quanto si immagini e non incidono solo sulla suggestione collettiva. Per questo motivo trovare una regolamentazione europea, che non promuova il panico nelle persone, è assolutamente necessaria, in modo tale che non sia abbia la possibilità di dare nomi in modo arbitrario, sarebbe una necessità che non deve essere sottovalutata.