Il Redditometro è uno strumento per far scattare i controlli del Fisco. Tutti i cittadini potranno difendersi: la decisione della Cassazione.
La Corte di Cassazione ha fornito indicazioni precise per far sì che i contribuenti si difendano dal Redditometro. Nel caso in cui ci sia un accertamento, il diretto interessato ha la possibilità di dimostrare che l’eventuale reddito presunto, sulla base dei coefficienti utilizzati, in realtà non esiste: la guida completa.
L’Agenzia delle Entrate può effettuare dei controlli basati sul Redditometro e sulla disponibilità di determinati servizi e beni. Nonostante ciò i contribuenti possono difendersi dimostrando che la loro posizione sia corretta. Al contrario di quanto si possa pensare, la prova contraria richiesta al contributiva non si ferma a dimostrare che il reddito aggiuntivo accertato è costituito da redditi esenti o soggetti a ritenute alla fonte. È essenziale dimostrare che l’eventuale reddito presunto, su cui si basa il coefficiente del Redditometro, non esiste del tutto o se esiste è inferiore.
A rivelarlo è la Cassazione attraverso l’ordinanza n. 31844 del 15 novembre 2023. Al suo interno si legge che una volta stabilita l’effettività degli elementi utilizzati per determinare la capacità contributiva, il giudice tributario non può privarli del loro valore presuntivo. Il giudice ha solo il potere di valutare la validità di eventuali prove contrarie presentate dal contribuente. In particolare la Cassazione è intervenuta su un caso specifico di un contribuente che ha deciso di andare contro un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate.
Redditometro e controlli del Fisco, come difendersi: la decisione della Cassazione
La Corte della Cassazione ha deciso di intervenire su un caso specifico, dopo che un contribuente ha deciso di prendere in pungo un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate utilizzando il Redditometro. L’accertamento si basava su beni indicati, tra cui autoveicoli e motoveicoli, considerati rappresentativi di un maggiore reddito. Sebbene la Commissione Tributaria Provinciale abbia respinto il ricorso, la Commissione Tributaria Regionale ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado, accogliendo in parte l’appello del contribuente.
La CTR ha sostenuto che il possesso di determinati beni mobili registrati non implica automaticamente una maggiore capacità contributiva. L’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso in Cassazione, sottolineando che in presenza di beni o servizi specifici, la propria attività deve essere vincolata all’applicazione degli indici e dei coefficienti moltiplicatori previsti dai decreti ministeriali attuativi. Il Redditometro si basa su una presunzione legale relativa, il che significa che una volta accertate determinate circostanze, spetta al contribuente dimostrare l’inesistenza del proprio reddito.
La Corte di Cassazione ha quindi accolto le obiezioni dell’Agenzia delle Entrate ed ha cassato la decisione impugnata. L’organo ha quindi confermato che il Redditometro costituisce una presunzione legale relativa, consentendo al contribuente di dimostrare che il maggiore reddito non è effettivamente disponibile. Allo stesso tempo, sempre secondo la Cassazione, il contribuente ha tutto il diritto di dimostrare, attraverso documentazione adeguata, che il maggiore reddito non è effettivamente disponibile.