Le modifiche alle pensioni apportate con la legge di Bilancio 2024 rischiano di essere una trappola. A dirlo è l’Inps.
Il Governo di Giorgia Meloni, attraverso la legge di Bilancio 2024, ha modificato in misura importante le opzioni di pensione anticipata. Secondo l’Inps potrebbe rivelarsi tutta una trappola.
Il sistema previdenziale italiano non crollerà. Non per il momento. Ma la crisi c’è e non è da sottovalutare. A dirlo è il presidente dell’Inps. Il problema, a differenza di quanto si pensa, non è la spesa previdenziale: dopo il Covid ci sono circa 28.000 pensionati in meno in Italia e i contributi versati sono aumentati dell’8,8%. Non è vero che non ci sono soldi da investire nelle pensioni. Il problema che rischia di far saltare il nostro sistema previdenziale è un altro: è il crollo delle nascite.
Perché, come ha spiegato il presidente dell’Inps, nel nostro Paese chi lavora non paga la pensione per se stesso ma paga gli assegni di chi è già in pensione. Se crollano le nascite, chi pagherà le pensioni degli attuali 40enni? A ciò si aggiunge un altro nodo: il sistema di calcolo contributivo. Questo metodo – introdotto nel 1996 dalla riforma Dini- penalizza chi ha stipendi bassi. Pertanto i giovani rischiano, in futuro, di ritrovarsi con pensioni assolutamente insufficienti per vivere. E per quanto riguarda le misure di prepensionamento? Secondo l’Inps sono solo una trappola.
L’Inps non ha dubbi: alcune misure di pensione anticipata riconfermate dal Governo Meloni si riveleranno una trappola. Le previsioni per il futuro non sono buone. Nel 2024, oltre alla legge Fornero, ritroveremo anche tutte le misure di pensione anticipata. Il Governo Meloni infatti, ha prorogato sia Ape sociale e Opzione donna che Quota 103. Quest’ultima, in particolare, secondo l’Inps sarebbe una trappola e a breve scomparirà. I requisiti d’accesso per andare in pensione con Quota 103 saranno gli stessi anche nel 2024: 62 anni di età e almeno 41 anni di contributi.
Dove sarebbe la trappola dunque? Nel ricalcolo della pensione. Nel 2024 gli assegni previdenziali di chi sceglierà di andare in pensione con Quota 103 verranno interamente ricalcolati con il sistema contributivo senza tenere conto delle quote retributive. Secondo i calcoli un pensionato subirà perdite fino al 20% ogni mese. E, in ogni caso, dal prossimo anno con Quota 103 la pensione non potrà mai superare di 4 volte l’importo del trattamento minimo dell’Inps finché una persona non avrà compiuto 67 anni.
Va da sé che ben pochi saranno disposti a perdere il 20% della propria pensione ogni mese. Anche perché per andare in pensione con Quota 103 servono almeno 41 anni di contributi: con 41 anni e 10 mesi per le donne o con 42 anni e 10 mesi per gli uomini si può accedere alla pensione anticipata ordinaria senza alcuna penalizzazione. Pertanto, vista l’esigua differenza, saranno in tanti a rinunciare a Quota 103 e se le domande subiranno un crollo è probabile che la misura non verrà riconfermata per il 2025.
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