Ecco una serie di perfomance di artisti internazionali a diversi Festival di Sanremo che probabilmente non ti ricordavi
Il Festival di Sanremo non è solo canzoni e momenti (anche imbarazzanti), anche se la maggior parte del tempo la trascorriamo davanti alla televisione per commentare sarcasticamente ciò che vediamo tra un tweet e l’altro.
Ogni anno capita che ci sia l’esibizione dell’ospite internazionale che, oltre alle varie polemiche del caso su quanto sia costato, ci fa sempre rimanere a bocca aperta.
Negli ultimi anni la questione si è ridimensionata e le gestioni sia di Amadeus che prima di Baglioni preferiscono i cantanti nostrani: nel 2023 gli ospiti sono stati i Måneskin, i Black Eyed Peas, Al Bano e Massimo Ranieri, ma fa quasi fantascienza pensare che un tempo a calcare il palco del Festival ci siano stati i Queen, gli Smiths o David Bowie. Ecco allora le esibizioni indimenticabili degli ospiti internazionali al Festival della Canzone Italiana.
Iniziamo dalle più vecchie a quelle più contemporanee: nell’edizione del 1978 Grace Jones si è esibita sul palco dell’Ariston con La vie en rose di Edith Piaf: playback totale e movenze che farebbero ringalluzzire anche un anziano. Anche se la voce non è quella epica e tremolante della francese, la Grace incantò e tirò fuori acuti, sensualità e un pizzico di scandalo che a Sanremo non fa mail male.
Passiamo poi all’esibizione dei Kiss nel 1981 (erano in tre) con la canzone I: inizialmente letteralmente molestano una presentatrice a caso mentre cerca di dare loro l’ambito Telegatto, poi suonano uno dei pezzi meno conosciuti della loro intera carriera tra petardi e situazioni borderline.
Sempre nel 1987 c’è stata l’esibizione della canzone più tamarra del metal suonata nella gioia del playback dagli Europe, ovvero The Final Countdown.
I Take That a Sanremo hanno fatto urlare d’isteria ogni ragazzina che, nel 1994, era tra i 9 e i 17 anni. Relight My Fire la cantava Gary Barlow mentre gli altri quattro, compreso Robbie Williams, ballavano quelle coreografie macho che andavano in quell’epoca.
A Sanremo si sono portati anche Lulu, star degli anni ’70. In questa occasione Pippo Baudo ruba la scena, conta fino a tre in inglese e muove la gamba a tempo.
Nel 1996 la voce potente di Mike Bongiorno pronunciò perfettamente il nome di David Bowie e poi apparve il mito che sciocca tutto l’Ariston con un pezzo un po’ jungle e un po’ chitarrone, ovvero Little Wonder.
Sempre nel 1996 c’è stata la performance dei Blur con Charmless Man senza Graham Coxon alla chitarra, sostituito con un cartonato a grandezza naturale.
Nel 1997 si fece la storia con l’ospitata degli The Smiths: prima un’intervista a Morrisey e poi tre canzoni in playback con testo sottotitolato, giusto per far partecipi i miei genitori e i miei nonni delle parole taglienti e dell’ironia feroce della più grande band inglese. Le canzoni erano Ask, Shoplifters of the World Unite e The boy with the thorn in his side.
Dieci anni dopo Whitney Houston, appare agli spettatori di Rai Uno Madonna che canta Frozen in playback e qui si vede un Raimondo Vianello che invece di intervistarla la caccia direttamente dal palco.
Una band di quelle serie, che ha fatto la doppia storia dell’indipendente e del mainstream d’autore sul palco del Sanremo di Fazio del 1999 sono i R.E.M: un bel momento in cui suonano due canzoni molto diverse tra loro ma sicuramente molto belle, Daysleeper e Lotus.
Nel 2001 Megan Gale introdusse i Placebo che servirono un po’ di fuzz e distorsioni chitarristiche all’assonnata platea dell’Ariston, in verosimile playback per poi fare il numero di spaccare la chittara all’amplificatore e farsi dare degli scemo buffone dagli spettatori del teatro dell’Ariston.
Infine, Damien Rice nel 2014 al Sanremo di Fazio: lui arrivò con il chitarrino e suonando due pezzi talmente struggenti da far rimanere secchi gli animi sensibili alla tv: Cannonball e The Blower’s Daughter.
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