Un nuovo caso delle “vecchia faida” culturale tra Francia e Italia sta coinvolgendo i politici di Roma e Parigi e probabilmente riporterà a casa sette meraviglie del nostro patrimonio artistico
Sono molti i miti da sfatare e i luoghi comuni che affliggono la copiosa collezione di opere esposte al Musée du Louvre. E se da un lato è ormai risaputo che la nostra amata Monnalisa non ci sia stata “malamente rubata” dai francesi, ma fu effettivamente portata a Parigi dallo stesso genio di Leonardo, sono ancora tante le origini di dubbia provenienza di molte altre opere presenti.
Questo negli anni ha creato un vero e proprio caso sia culturale che politico non solo tra Francia e Italia, ma anche tra il paese ospitante e altre nazioni. Per quanto riguarda la nostra secolare produzione artistica, tuttavia, ci sono esaltanti novità. Si sta indagando su alcuni tesori originari della penisola meridionale, soprattutto in relazione al loro sospettoso arrivo al Louvre, e questo potrebbe riportarli in patria nei prossimi mesi.
Al centro dell’affaire tra Roma e Parigi che sta coinvolgendo, come accade di solito, i governi dei paesi, ci sono magnifiche testimonianze dell’arte antica italiana. Queste sono attualmente esposte al Louvre, ma il museo ha già confermato di volerle restituire al nostro paese in quanto, con molta probabilità, le opere sarebbero state trafugate, esportate illegalmente e acquistate dall’istituzione culturale senza averne correttamente tracciato la provenienza.
Le opere vantano almeno venti secoli di storia alle spalle, come ad esempio l’anfora del V secolo a.C., attribuita all’italiano “pittore di Berlino”, sulla quale viene rappresentato un musicista di profilo che suona la cetra, o l’esemplare di vaso antico del pittore di Ixion, un altro cratere nello stile del pittore di Antiménès, decorato con una scena mitologica e una coppia di nereidi provenienti dalla Puglia. A quanto pare, l’approdo al Louvre di queste e di altre opere prese in esame sarebbe stato a cura di mercanti dalla storia controversa degli ultimi decenni del secolo scorso, sui quali si sta dunque indagando.
Tali indagini servono a portare a galla la verità, ma soprattutto a far tornare alcuni tesori nelle collezioni delle gallerie italiane. Il lavoro di ricerca e “denuncia” del caso è dovuto alla tenacia di una coppia di archeologi romani, Maurizio Pellegrini e Daniela Rizzo, e di un esperto danese, Christos Tsirogiannis, che hanno ispezionato a lungo gli archivi di trafficanti e mercanti d’arte, condividendo poi le varie informazioni con le autorità italiane.
Nel 2018 era stata elargita una prima richiesta di restituzione delle opere, ma la reazione del museo parigino, guidato dall’ex presidente Jean-Luc Martinez – archeologo indagato su un vasto traffico di antichità dall’Egitto – era stata tiepida. Nel frattempo, la presidenza del Louvre è cambiata e da quasi due anni vede alla guida la critica d’arte Laurence des Cars che, una volta ricevuta nel 2022 una nuova richiesta da Luigi La Rocca, direttore generale Archeologia al ministero della Cultura, ha voluto esaminare il caso più seriamente. A questo c’è da aggiungere la domanda ufficiale del ministro Gennaro Sangiuliano che, in visita a Parigi a febbraio, ha presentato una lista di sette opere antiche da restituire all’Italia.
“Ritengo – ha dichiarato a Le Monde la presidente del museo – che le opere di dubbia provenienza siano una macchia nelle collezioni del Louvre. Dobbiamo prenderne atto e fare un esame con rigore e lucidità“. Davanti a queste parole, il ministro Sangiuliano si congratula per il “dialogo costruttivo” in corso e per l’attenzione finalmente ricevuta.
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